La pieve di Camaiore sorge su una lieve altura sulla destra dell’antica via Francigena (venendo da Lucca). È una chiesa romanica, una delle cinque pievi della Versilia antiqua e chiesa madre di tutto il territorio camaiorese. La sua giurisdizione si estendeva in tutta la zona compresa fra la plebania (circoscrizione) di San Pantaleone a Elici e Santa Felicita a Valdicastello. In origine era intitolata unicamente a Santo Stefano, mentre a partire dal IX secolo fu aggiunto il nome di San Giovanni Battista, come per tutte le pievi. Contemporaneamente fu dotata del privilegio del fonte battesimale e del cimitero. Dal 934 è dedicata anche a Santa Maria. Un tempo era il punto di riferimento per tutte le chiese e gli oratori che iniziarono a sorgere a Camaiore e nei dintorni a partire dall’età longobarda. La pieve, infatti, era l’unica a possedere ed esercitare diritti parrocchiali, l’unica dotata del privilegio di celebrare i battesimi e le esequie e di riscuotere le decime. Tutte le altre chiese non erano nient’altro che “ecclesiae subiectae” (chiese dipendenti).
STORIA
La pieve viene citata per la prima volta in un documento dell’817, in cui alcuni beni dell’ “Ecclesie S. Stefani in loco Campo Maiore” furono concessi dal vescovo Jacopo ad un certo Gastaldulo. A giudicare dai suoi possedimenti, però, la chiesa doveva esistere già da qualche tempo, almeno dalla fine dell’VIII secolo. Secondo una tradizione, la chiesa sarebbe stata edificata nel VI secolo e costituirebbe una delle ventotto pievi fatte costruire da San Frediano, vescovo di Lucca, ma l’ipotesi è di scarsa attendibilità. Il titolo di pieve (“plebs”) fu associato per la prima volta alla chiesa di Santo Stefano in un documento dell’820. Il Piviere di Camaiore, ovvero l’insieme delle chiese dipendenti dalla Pieve, ricopriva gli attuali paesi di Casoli, Metato, Lombrici, Vado (Gello), Camaiore, Nocchi, Gombitelli, Torcigliano, Montemagno, Pontemazzori, Marignana, Bargecchia (e Conca), Corsanico, Mommio e Pedona. Il prestigio delle pievi non era solo di carattere religioso, ma anche economico: con l’intento di assicurarsi un posto nella vita ultraterrena i proprietari laici, ma anche lo stesso re donavano beni immobili alle pievi. Con la fondazione della Chiesa di Santa Maria Assunta di Camaiore nel 1255 la Pieve perse parte del suo status, sebbene l’Estimo del 1260 sia testimone di un patrimonio ancora consistente. L’importanza della Pieve era, però, destinata a decadere, in particolar modo a partire dal 1387 quando la Chiesa di Santa Maria Assunta fu dotata del privilegio del Fonte Battesimale. Il declino proseguì inesorabilmente anche nei secoli successivi. Con il Concilio di Trento (1545-1568), infine, venne sancito il tramonto delle pievi a vantaggio delle parrocchie.
L’edificio è a croce latina con facciata rivolta ad ovest e abside ad est. All’esterno presenta una facciata a salienti (a doppio spiovente) in pietra squadrata con portale seicentesco e, al di sopra, la statua della Vergine, una bifora e una croce greca a traforo. Nel muro sono facilmente individuabili le tracce dell’antico portale, di cui a destra si possono riconoscere una parte dell’arco a tutto sesto e un capitello del XIII secolo. Dalla controfacciata è, inoltre, possibile stabilire che il portale più antico si componeva di due arcate con una colonna centrale. Nelle prossimità dell’abside si erge la torre campanaria, di forma quadrata, dotata di quattro ordini di finestre bifore e monofore e quattro pinnacoli sulla sommità. La Pieve di Santo Stefano ha subito nel corso degli anni numerosi ampliamenti e modifiche dal XII al XIX secolo. Durante i lavori ottocenteschi, oltre al pavimento a mosaico, furono inseriti i bracci dello pseudo-transetto che conferirono all’edificio la forma di croce. Infine, nel 1938, con un’opera di restauro filologico, alla chiesa fu restituita parte del suo aspetto originario. La facciata fu riformulata, la pietra all’interno riportata a vista con la rimozione degli intonaci e le costruzioni esterne addossate all’edificio furono demolite. L’interno è ripartito in tre navate – da cinque campate ciascuna – scandite da pilastri rettangolari con archi a tutto sesto e monofore. I paramenti sono in pietra squadrata a vista, mentre il tetto è a cavalletti. Il pavimento – non originale – presenta disegni geometrici a mosaico in marmo colorato. La zona del presbiterio con balaustra e altare è rialzata di quattro scalini rispetto al pavimento della chiesa. Sull’abside si aprono tre monofore. Le due cappelli laterali con le piccoli absidi sono aggiunte barocche che contrastano con la semplicità dell’edificio. Appena varcato l’ingresso sulla destra si può notare il “Fonte Battesimale”: un sarcofago romano in marmo lunense. Secondo Bianco Bianchi (1464-1541), medico, filosofo e cronista camaiorese, proverrebbe da Lombrici e fu portato alla Pieve per farne una vasca battesimale, in cui furono battezzati tutti i nati nella valle fino al 1387. In origine il sarcofago sarebbe servito come urna sepolcrale per le ceneri di Lucio Imbricio, civis romanus, che avrebbe dato il nome al paese di Lombrici. Non è certo che questo personaggio sia realmente esistito, ciò che, invece, si può affermare senza dubbio è che il sarcofago doveva essere la tomba di un personaggio illustre. Sul lato frontale del sarcofago si sviluppano una serie di fregi e sculture in bassorilievo di pregevole fattura. Al centro, all’interno di un tondo, si inserisce il busto ammantato del defunto il cui volto risulta illeggibile. A sostenere il tondo sono due Genii funebri ricoperti da vesti drappeggiate. Ai loro piedi due maschere rappresentano la vita secondo la simbologia funeraria romana. Concludono il bassorilievo due putti per ciascun lato, accompagnati da canestri di fiori, uva, ramoscelli di olivo, animali da cortile, un cane e delle pecore. Ai lati del sarcofago sono rappresentate scene di vita agreste come la vendemmia e la raccolta della frutta e il rilievo è meno aggettante rispetto alla scena centrale. L’opera è databile al III sec. d.C. ed è stata realizzata da un artista locale ignoto. Il lato posteriore del sarcofago non è visibile, in quanto appoggiato al muro della chiesa. A sinistra dell’Altare maggiore si colloca il trittico quattrocentesco “Madonna in trono con Bambino e Santi”. Firmato da Battista da Pisa, fu realizzato per il priore Nuto. Degni di nota sono il Crocifisso seicentesco di fattura locale e il piccolo tabernacolo per l’olio santo, che si colloca a destra dell’abside ed è di scuola quattrocentesca.
BIBLIOGRAFIA
Bellato, Franco, Camaiore e dintorni, Comune di Camaiore, Camaiore, 1999
Dinelli, Pier Paolo, C’era una volta Campus Maior La storia raccontata dai ragazzi
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=79307